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A lezione con Carlo Scarpa

F. Semi, lezione con Carlo Scarpa, Venezia, Cicero Editore, 2010

Titoli delle lezioni

01. Prolusione: Sull’arredamento
02. Piccoli particolari, valori spaziali, riferimenti letterari
03. Temi del corso, l’ingresso IUAV, casa Ottolenghi
04. Giappone, giardini, Venezia
05. Masieri Memorial, Wright
06. Banca Popolare di Verona, le automobili sono dei cofani
07. Frank Lloyd Wright
08. Musei: S. Caterina a Treviso, Guggenheim di N. York, Museo Abatellis a Palermo e altri 
09. Musei: Gipsoteca Canoviana di Possagno, Castelvecchio a Verona
10. Il museo di S. Caterina come tema, l’organo della Basilica dei Frari a Venezia
11. Giappone, Padiglione del Venezuela
12. La Tomba Brion
13. La Tomba Brion, la Grecia
14. Rapporto con tre studenti

Nota su ‘la traduzione’ delle lezioni. I disegni

(testo pubblicato nel volume “a lezione con Carlo Scarpa”)

Questa opera tratta l’unico materiale esistente sulla didattica del prof. C. Scarpa, raccolto da me (quando possibile) negli ultimi due anni accademici (1974-75 e 1975-76) che Scarpa svolse presso l’I.U.A.V., prima del pensionamento. Si tratta di un “unicum” che non avrebbe avuto senso di essere diviso in parti. 

È un materiale ampio e un po’ complicato, composto da registrazioni in 23 cassette, di circa un’ora l’una, alle quali sono riferiti i disegni qui pubblicati.

Come ho dettole lezioni in realtà riguardano due anni accademici. Non posso dire che Scarpa fece solo queste lezioni in quegli anni, perché - a memoria mia – Scarpa non mancava negli orari stabiliti e non delegava. Più probabilmente io non ho registrato tutto. Per esempio le correzioni dei lavori degli studenti furono ad ogni modo svolte anche da Scarpa oltre che dai suoi assistenti, ma – date le condizioni ambientali assai difficili – avrebbe voluto dire fare delle registrazioni impossibili, con decine di studenti accalcati intorno ad un tavolo e un gran vociare. Tuttavia l’ultima registrazione-lezione riguarda proprio la revisione del lavoro di qualche studente: come mi è sembrato giusto riunire nella pubblicazione - in premessa alle lezioni - la Prolusione, così, sul finale, quegli strani rapporti professore-studenti possono concludere un diario su un “complessivo e ideale anno accademico” di Carlo Scarpa. Se ho detto di strani rapporti è perché Scarpa in quegli anni si trovò ad affrontare studenti un po’ impreparati per la provenienza degli studi fatti e forse anche un po’ confusi da molti insegnamenti che privilegiavano una lettura dell’architettura in chiave sociologica e politica, forse trascurando un po’ lo specifico della disciplina.

Le registrazioni: alcune “scorrono” meglio, altre divagano molto, e talvolta ci sono intermezzi con studenti e collaboratori. Soprattutto le “divagazioni” interrompono il filo del discorso e sono un bel problema. Talvolta si perde il soggetto, l’argomento principale, che ricompare magari molto più tardi: questo comporta rileggere, riscrivere, risentire. 

Il “soggetto”, l’“argomento”, compare e scompare nel discorso, e il discorso talvolta assume interesse più per i tanti “intermezzi” che per il soggetto da cui è partita la lezione. Come per es. nel caso delle citazioni letterarie, che manifestano un mondo culturale assai interessante, dal quale Scarpa può permettersi di fare citazioni precise, con un’ottima memoria.

Certamente non era facile neanche ascoltare Scarpa a lezione, a causa di tutte le divagazioni. Tuttavia talvolta la difficoltà sta anche nel fatto che qualche lezione venne svolta anche con diapositive. A Scarpa non piaceva la lavagna, gli piaceva avere il foglio e la carbonella per spiegare alcune cose, ma la compresenza di diapositive (che certamente aiutano molto una lezione di architettura) talvolta complicano l’ascolto delle registrazioni.

La trascrizione letterale iniziale delle registrazioni, dalla quale (anche) è stato tratto il testo pubblicato, è stata fatta da una signora di buona volontà: è discreta, ovviamente è letterale (con varie imprecisioni dovute al fatto che la Signora non è architetto e, per fortuna, non ha conosciuto Scarpa). A lei va, ad ogni modo, un mio particolare ringraziamento, perché riconosco la fatica (capibile soprattutto nelle ultime lezioni) di quel lavoro.

In generale si tratta di un linguaggio particolare e il linguaggio verbale di C. S. è difficilmente comprensibile se solo trascritto. Perciò posso dire che si tratta di un materiale per il quale anche la memoria e l’interpretazione della sottoscritta è indispensabile. Se Scarpa dice: “Così”, riferendosi ad un gesto delle mani, che vorrà dire?

Perciò le trascrizioni sono state riscritte: in generale per rendere complessivamente leggibile e, spero, scorrevole la lettura, con una “riscrittura” che, pur con qualche attenzione al linguaggio scritto, non trascuri la freschezza del linguaggio verbale. 

Le parti incomprensibili, e più lunghe, nella registrazione sono evidenziate, nella riscrittura, da “[…]”: modo che definisce anche il passaggio da una registrazione all’altra, nell’ambito della stessa lezione; sospensioni del discorso, o piccole parti incomprensibili, sono invece evidenziate da “…”.

Qualche piccolissimo, mio completamento del discorso, ad esempio una parola che esprime il soggetto, è riportato da parentesi quadrate.

Qualche consiglio avuto da case editrici “importanti” avrebbe voluto indirizzarmi a privilegiare il linguaggio scritto: credo che chi al tempo mi consigliò (dicendomi un cortese “no” per la pubblicazione) non conoscesse minimamente Scarpa. Conoscendolo, ho preferito che nella mia “traduzione” emergesse anche il particolare “personaggio” del Professore, con i suoi umori, simpatie-antipatie, polemiche, umorismo.

Ho detto “traduzione” e non riscrittura, confortata dall’articolo di Franco Volpi, Il valore della traduzione, quando osserva: “E non solo traduciamo tra fasi della nostra lingua lontane fra loro, ma traduciamo a volte anche tra marito e moglie: “tesoro”, a seconda dell’intonazione con cui è detto, ha una stratificazione, una polisemia di valenze per cui può essere espressione di affetto, di arrabbiatura o di insopportabilità. (…) Il che vuol dire che anche rispetto alle persone che ci circondano noi siamo esseri condizionati dal nostro stare nel mondo e nella storia, in un linguaggio, e la relazione è continuamente intrisa e sollecitata da un insieme di operazioni: di sintesi, di comprensione, di mediazione che dobbiamo compiere, tra quello che è il nostro orizzonte, la nostra prospettiva di esseri finiti, limitati, e quella degli altri. (…) In qualche modo, dunque, ciò che avviene quando noi traduciamo un testo (…) ha un suo modello per così dire in quello che è il nostro stesso essere in un mondo, in un linguaggio, in una storia: siamo esseri fondamentalmente traduttori.” 

Pertanto ogni traduzione ha comportato (dove più, dove meno) circa quattro riscritture, con un paziente riascolto delle registrazioni, che all’epoca furono fatte con uno strumento modesto e in condizioni ambientali difficili. I rumori di fondo e quelli vicini talvolta rendono faticoso l’ascolto.

Le traduzioni sono con note e l’individuazione degli argomenti principali, e particolarmente di dettaglio, in tutte lezioni, per rendere più facile anche una lettura “trasversale”, per interessi particolari, di lezione in lezione.

Le note talvolta possono sembrare un po’ pedanti o superflue per un architetto di una certa età. Tuttavia le “lezioni” sono rivolte a studenti e a studenti ho pensato spesso come lettore di riferimento. Incuriosire gli studenti su argomenti diversi, ampliando i loro orizzonti, penso fosse la volontà di Scarpa e, facilitandoli un po’, penso di acuire la curiosità, considerando che, a quel che ricordo, tra impegni didattici e interessi “più contemporanei” oggi gli studenti leggono poco fuori dal loro orticello.

I disegni di C. Scarpa sono inediti e costituiscono anche un documento autocritico sul progetto e la realizzazione di qualche opera di Scarpa. Nell’occasione delle lezioni, raccolsi complessivamente 21 disegni (100x70 e alcuni 100x 140), in carboncino nero su carta da scene: si tratta di disegni inscindibili dalle registrazioni, perché, alcuni soprattutto, difficilmente comprensibili isolati dal contesto, ed è proprio per una certa difficoltà di lettura che quattro di essi non sono qui pubblicati.

Essi hanno sempre suscitato curiosità, tant’è che a distanza di vent’anni dalla morte di Scarpa se ne sono ricordati in Giappone, come ho già detto. Il loro interesse consiste nel rapporto tra il segno e la parola, anzitutto perché non è tanto comune trovare disegni commentati dallo stesso artista, inoltre perché essi costituiscono un documento critico sul progetto e la realizzazione di alcune opere di Scarpa. Talvolta si può osservare chiaramente in quei disegni la “febbre grafica”, di cui ho detto: particolarmente nei disegni riferiti a Castelvecchio, disegnati e cancellati ripetutamente (anche con l’uso di fazzoletti suoi o dei suoi assistenti).

Curriculum 

Franca Semi, nasce a Capodistria il 16 maggio 1943. 

Si laurea nel 1970, presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (I.U.A.V.): relatore della tesi è il prof. Carlo Scarpa, presso lo studio del quale ha collaborato per la redazione del progetto del teatro Carlo Felice di Genova (1967-68) e del progetto per il concorso per il teatro municipale di Vicenza (1969).

Dal 1968 collabora al progetto del prof C. Scarpa per la sede della Fondazione Angelo Masieri, sul Canal Grande a Venezia; per questo progetto firma per il Professore, dati i noti problemi di Scarpa, e dopo la sua morte conclude l’opera, che è stata inaugurata nel 1983.

Nel 1971 vince un premio per la tesi di laurea; nello stesso anno vince una borsa di studio, presso la cattedra dell’ I.U.A.V. di Composizione Architettonica del prof. C. Scarpa; nel 1980 entra in ruolo come ricercatore universitario; nel 1988 vince un concorso nazionale per professore associato ed è chiamata a ricoprire la cattedra di Arredamento e Architettura degli Interni presso l’I.U.A.V., fino al pensionamento (novembre 2003).

Ha svolto e svolge attività professionale a Venezia. Tra il 1974 e il 1978 collabora all’allestimento di grandi mostre d’arte a Verona; nel 1979 è nominata membro del Comitato per gli Allestimenti delle Mostre del Comune di Venezia (assieme ai proff. Vittorio Gregotti e Nani Valle e all’arch. D. Ferretti) e in questa veste cura per esempio mostre come: “Venezia ‘79 la Fotografia” e “Venezia e la Peste”, “L’avanguardia polacca 1910-1978” e molte altre.

In Venezia dal 1977 ad oggi ha provveduto a numerosi progetti di restauro e ristrutturazione di interni privati. Ha curato la realizzazione di alcune tombe di famiglia (esempio: 1986, Gugliotta nel cimitero cattolico e 1988, Ottolenghi in quello ebraico); nel 1990 ha l’incarico per il progetto della Cappella del cimitero ebraico; tra il 1990 e il 1994 ha curato il restauro di Palazzo Erizzo; nel 1993 realizza nel campo del Ghetto di Venezia il “monumento agli ebrei scomparsi nei campi nazisti”, inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica.

Ha pubblicato scritti riferiti ad aspetti tipologici dell’edilizia veneziana, come ad esempio “Gli Ospizi di Venezia”, ed. Helvethia 1984 e numerosi altri riferiti a questioni di museografia, come “Aspetti attuali della museologia” in Zibaldone, ed. Cluva 1979 e “Mostre” ed. Cluva 1984.

In riferimento a Carlo Scarpa ha svolto nel gennaio 1979 una conferenza in memoria, presso la Fondazione Querini Stampalia e ha pubblicato:

“CarloScarpa, une facon d’enseigner”, in AMC, n.50, dicembre 1979, numero monografico: “Les années 70 de Carlo Scarpa”, p. 21.
“Volevo ritagliare l’azzurro del cielo” (trascrizione ridotta da una registrazione delle lezioni di C. Scarpa), in Rassegna, n.7, anno III, luglio 1981, numero monografico: “Carlo Scarpa, Frammenti 1926/1978”, p.82.
“La storia di un progetto, Masieri Memorial a Venezia. Carlo Scarpa, indagini, relazioni, finzioni”, in Gran Bazar, n.9/10, settembre-ottobre 1983.
“Le dessin dans l’eouvre de Carlo scarpa”, in Les cahiers de la recherche architecturale, numero monografico “Carlo Scarpa”, n.19, 2° semestre 1986, p.22.
 Franco Volpi, Il valore della traduzione, testo dell’intervento pronunciato nel corso di un seminario della casa editrice Laterza in onore di Mario Carpitella, il 26 marzo 2009; www.laterza.it/volpi.